Apr 16

Indennità di mobilità ed altri redditi

Con quali altri redditi è cumulabile l’indennità di mobilità?

L’INPS, con la Circolare n° 67 del 14 aprile 2011, è intervenuto per fornire chiarimenti circa la compatibilità e cumulabilità dell’indennità di mobilità con le attività di lavoro autonome, in forma di collaborazione coordinata e continuativa, di lavoro occasionale e di lavoro subordinato. Con un precedente messaggio, datato 25 marzo 2011, l’Ente aveva fornito chiarimenti anche in merito alla compatibilità della predetta indennità con il lavoro intermittente (o “a chiamata”). Sintetizziamo, di seguito, quanto previsto, precisando che in gran parte si tratta di una raccolta organica di principi già noti.
Lavoro a tempo determinato o a tempo parziale
L’INPS chiarisce che qualora il lavoratore, durante il periodo di godimento dell’indennità di mobilità, trovi un’occupazione con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o a tempo parziale, dovrà darne tempestiva comunicazione all’Istituto e l’indennità economica verrà sospesa, ma il soggetto manterrà l’iscrizione nella lista.
Lavoro a tempo pieno e indeterminato
Qualora il lavoratore stipuli un contratto a tempo pieno e indeterminato, è prevista l’immediata decadenza dalla prestazione e la cancellazione dalle liste. E’ tuttavia prevista la reiscrizione nelle liste quando il lavoratore: non superi l’eventuale periodo di prova (fino ad un massimo di due volte); sia giudicato non idoneo alla specifica attività; sia successivamente licenziato senza aver maturato dodici mesi di anzianità aziendale presso la nuova inpresa, di cui sei di lavoro effettivamente prestato.
Lavoro autonomo e co.co.co.
L’INPS, dopo aver sottolineto la mancanza di una disciplina specifica in merito alla sospensione/decadenza laddove il lavoratore intraprenda un’attività autonoma, rileva che l’indennità di mobilità è legata allo stato di disoccupazione involontaria e che, pertanto, deve venir meno quando cessa tale stato. L’art. 4 del D.Lgs. 181/2000, a riguardo, dispone che si ha la conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione.
Tale limite reddituale annuale è pari ad € 4.800, in caso di lavoro autonomo, e ad € 8.000 in caso di collaborazioni coordinate e continuative. Entro questi limiti, chiarisce l’Istituto, l’attività di lavoro autonomo e le collaborazioni coordinate e continuative sono compatibili con la percezione dell’indennità di mobilità, comunque entro il limite del reddito pari alla retribuzione spettante al momento della messa in mobilità, opportunamente rivalutato. Per questo motivo, il lavoratore dovrà comunicare all’Istituto, entro 5 giorni dall’inizio dell’attività autonoma, il reddito che prevede di ottenere nel corso dell’anno solare e dovrà comprovare, al termine dell’anno solare, il reddito effettivamente conseguito. Sarà cura dell’Istituto effettuare l’eventuale riduzione dell’indennità.
Qualora nel corso dell’anno si sovrappongano diverse tipologie di lavoro, si applica il limite superiore. In caso di superamento, è prevista la cancellazione dalle liste e la decadenza dal trattamento fin dall’inizio dell’attività lavorativa.
Lavoro accessorio
L’INPS ribadisce la totale cumulabilità con l’indennità di mobilità dei redditi da lavoro accessorio fino ad € 3.000 per anno solare. Qualora si preveda di non superare detto limite, non dovrà essere fatta alcuna comunicazione all’Istituto. Qualora, invece, tale superamento sia previsto, o comunque prima che avvenga, va data comunicazione all’Istituto, in quanto scattano alcuni limiti alla cumulabilità, già previsti con la Circolare n° 75 del 2009. Nel caso in cui il lavoratore non provveda alla comunicazione e superi i 3.000 € di reddito da lavoro accessorio, è prevista la cancellazione dalle liste e la decadenza dal trattamento di mobilità.
Indennità di mobilità e lavoro intermittente
Il lavoro c.d. “a chiamata” può essere stipulato con previsione di obbligo di rispondere alle chiamate o meno. Nel primo caso va corrisposta una indennità di disponibilità, che invece non deve essere corrisposta se il lavoratore non ha assunto l’impegno a rispondere favorevolmente ad ogni chiamata. L’Istituto chiarisce che: nel primo caso l’indennità rimane sospesa per tutto il periodo di vigenza contrattuale; nel secondo caso la prestazione sarà riconosciuta solamente per i periodi di non lavoro tra una chiamata e l’altra, mentre rimarrà sospesa per i periodi di risposta alla chiamata (entro il limite dei giorni complessivi di spettanza del trattamento).
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