Apr 7

Tra mobbing e straining

Mentre la nozione di mobbing è oramai nota ai più ed anche i datori di lavoro ben sanno in che cosa consista e quali possano essere le conseguenze in caso di azioni “mobbizzanti” commesse a danno dei propri dipendenti o collaboratori, meno nota è la figura simile dello “straining”.
Si tratta di categoria mutuata anch’essa dalla scienza medica e così sintetizzabile: mentre il mobbing è una situazione lavorativa di conflittualità sistematica, persistente ed in costante progresso, in cui una o più persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e gravità, lo straining, in via parzialmente coincidente ma in parte diversa, è ravvisabile “nell’inflizione al lavoratore di uno stress forzato a mezzo di pochi atti distanziati nel tempo o anche di un atto singolo, compiuto appositamente e deliberatamente e che continua a far sentire per lungo tempo e in modo costante i propri effetti negativi sulla posizione lavorativa del dipendente” (Trib. Brescia 15 aprile 2011, in Foro it., Le banche dati, archivio Merito ed extra, che ha riconosciuto il risarcimento del danno alla salute, ex art. 2087 c.c., al cospetto di condotte ostili nell’ambiente di lavoro le quali, pur non riuscendo ad integrare la fattispecie del mobbing, avevano comunque prodotto un effetto denigratorio dell’immagine della lavoratrice ricorrente, minandone l’autorevolezza). La vittima è in persistente inferiorità rispetto alla persona che attua lo straining (strainer). Lo straining viene attuato appositamente contro una o più persone, ma sempre in maniera discriminante.
Lo straining è stato per la prima volta definito in sede giurisprudenziale da Trib. Bergamo, 21 aprile 2005, estensore Dott .Bertoncini.
L’inglese “straining” sta infatti per “sforzo”, “affaticamento”, “logorio”, “aggravio”, “distorsione”; esso sta dunque ad indicare quei comportamenti datorili volti a creare un danno al lavoratore tramite uno o pochi atti, che abbiano tuttavia una ripercussione negativa di sensibile durata.
In conclusione, anche singoli atti di vessazione che non assurgano alla fattispecie di mobbing possono risultare tuttavia sufficientemente lesivi della personalità del lavoratore da dar luogo ad un obbligo di risarcimento dei relativi danni, sia alla salute, che esistenziali o morali.

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